L’imminente uscita del quarto film del franchise sui dinosauri, avviato nel lontano 1993 da un certo Spielberg, ha suscitato alcune discussioni ‘piccate’ con alcuni webfrieds, tutti quanti ex membri di un forum di appassionati che ho frequentato in passato. Il clima delle discussioni è diventato sempre meno piacevole per il sottoscritto, man mano che i dettagli dell’operazione commerciale firmata, questa volta, dal regista Colin Trevorrow, emergevano sul web e sui siti dedicati.

Quale è il mio problema con questo film, in fin dei conti? Alcuni mi accusano di essere prevenuto, addirittura hanno affermato che il mio è vero e proprio odio nei confronti del film. Per loro sono esagerato e intollerante e lo sono sin da prima che questo progetto venisse confermato. Ci sono elementi di verità ed elementi errati in questo giudizio.

Prima di tutto, una costatazione: non sono l’unico a pensarla in un certo modo. Questa non vuole essere una giustificazione, ma semplicemente il segnale che le scelte fatte dalla produzione per questo film non sono accettate da tutti i fan dei film precedenti. Quindi non mi sto inventando niente, semplicemente ho esternato la mia delusione riguardo a più di qualche scelta fatta.

Il punto è proprio questo. Avevo iniziato con lo scetticismo più palese, dettato dalla limitatissima gamma di sviluppi narrativi che un franchise di questo tipo può proporre. Jurassic Park per sua stessa natura è ‘espandibile’ di ben poco: con il primo e con il secondo film abbiamo visto tutto il repertorio di cose che possono mai essere mostrate in un film di questo genere. Il terzo, neanche a dirlo, ripropone lo stesso schema narrativo, pur cambiando i presupposti di partenza. In altre parole, è una minestra riscaldata (male). Cosa ci si può mai aspettare da un quarto film se non la seconda minestra riscaldata? I miei timori, confermati nei mesi successivi, era che ci si trovasse di fronte ad un altro pretesto per andare sull’isola coi dinosauri, e che da questo pretesto nascesse, nel secondo atto, un errore umano (vuoi per arroganza, vuoi per fatalità, quello che vi pare) che a sua volta portasse alla stra-arcinota perdita di controllo: gli animali fuggono e fanno strage. Sono tutti elementi già visti nel primo film. Questo quarto film ha tutte le intenzioni di mettersi, a quanto pare, sullo stesso piano del primo, irraggiungibile, primo film. Dov’è, quindi, la novità tanto annunciata da regista e produttori? Semplicemente, il trovarsi di fronte ad un parco aperto ed operativo da ben 10 anni. Jurassic World quindi fa un enorme passo in avanti nel tempo, con la InGen fagocitata da un colosso operante in diversi settori (non da meno quello della sicurezza privata) che decide di dedicare ingenti somme a resuscitare un progetto andato in fallimento. Eccoci quindi di nuovo su Nublar, ma con un nuovo ‘format’, un parco più concentrato, geograficamente, con nuove tecnologie e con un controllo stringente sugli animali. Insomma, ci risiamo.

Ma le novità non finiscono qui. Questo punto di partenza ha spianato la strada ad una serie di idee che, più della stessa premessa, non mi sono andate giù neanche un po’. Parliamo qui dell’idea di ibrido portata al suo eccesso. In un contorto ragionamento basato su un astuto uso dei temi del primo libro di Crichton, gli sceneggiatori hanno introdotto un autentico mostro nella storia, un mostro partorito dall’immaginazione di chissà quale mente perversa. I temi del romanzo sono quindi piegati in direzioni che snaturano l’idea del Jurassic Park, ossia l’illuminazione folgorante che ha permesso ad Henry Wu di portare in vita i veri dinosauri. E, una volta imboccata questa strada, il film ha perso quel po’ di interesse che poteva avere per il sottoscritto.

Si, è impossibile dal punto di vista scientifico: clonare dinosauri non sarà mai possibile. Ma, in un volo non indifferente dell’immaginazione, ammettiamo anche che fosse possibile: allora si aprirebbero davvero questioni interessanti, come quelle che lo stesso Wu si trova ad affrontare nel libro, ovvero i veri dinosauri del Mesozoico si comportavano esattamente come i dinosauri del Jurassic Park? Uno sforzo e chissà cos’altro potrebbe venir fuori. Il punto è che il soggetto resta sempre il medesimo: vedersi realizzato uno dei più grandi sogni dei bambini e dei paleontologi, ammirare la maestosità di creature estinte da 65 milioni di anni. La potenza di questa idea è di immediata comprensione. A questo punto entra in gioco il come gli animali vengono rappresentati ed è qui che sento lo stridore con le intenzioni di Crichton e dello stesso Spielberg: voler descrivere/rappresentare i veri dinosauri, non mostri. E’ per questo motivo che nel film figurano animali chiamati Tirannosauro, Triceratopo, Velociraptor, Stegosauro, eccetera. Scelte artistiche hanno imposto un tipo di rappresentazione per certi versi antiquata già per gli animali del primo film e un po’ di gente (presente!) sperava in un cambiamento per questo quarto film. Purtroppo, uno degli aspetti più negativi di questo film è proprio quello inerente alla rappresentazione di questi animali. Sono passati 20 anni dal primo film, ma a quanto pare non solo non si è fatto un passo in avanti (piume?), ma qualche passo indietro (immagine sotto).

BILLY STEGOSAURO

Che vuoi, sono particolari. Vero? In fondo a chi interessa se un animale è anatomicamente sbagliato in un film, no? Per quello ci sono i documentari. E va bene, ci sono i documentari. Accontentiamoci. Non solo dobbiamo accettare la presenza di un ibrido, dobbiamo anche accettare animali ritratti come se fossimo tornati indietro alla Belle Epoque.

Tra le giustificazioni e le arrampicate sugli specchi che mi è toccato leggere in questi mesi per difendere questo film, c’è quella per spiegare come mai hanno sentito la necessità di inserire un ibrido. Voglio dire, viviamo in un’epoca d’oro per le scoperte paleontologiche. Non passa mese senza che ci sia una nuova descrizione, una nuova reinterpretazione di quel mondo scomparso. Menti geniali sono alle prese con un lavoro mastodontico ed un numero sempre maggiore di specie riempie i libri anno dopo anno. I dinosauri hanno quel fascino che non potrà mai essere sopito, sono rappresentanti di un mondo a noi totalmente alieno. Non c’era la necessità di inventarsi un mostro per rendere questo film interessante. Vero? A quanto pare invece era fondamentale. Nel contesto del movie universe, infatti, la gente è annoiata dai dinosauri e per mantenere in alto gli incassi del progetto, ogni tot la direzione del parco sviluppa una nuova specie. Ma i dinosauri non hanno quel fattore wow che tiene su le visite. Per cui, nel pieno dell’arroganza umana, si decide di giocare col DNA come fossero bruscolini et voilà ecco un mostro più grande, più grosso, più intelligente, più tutto di qualsiasi animale mai comparso sulla Terra. Addirittura se bestemmia lo fa con una potenza tale che i gli aerei di linea sembrano rutti soffocati in mezzo alla tempesta. Insomma, un monster movie in piena regola. Volendo scendere nei particolari delle clip che girano per il web in questi giorni ci sarebbe da scrivere un’enciclopedia in merito a questo bad guy.

Come ho già detto prima, questo franchise non permette di uscire chissà quanto dal seminato, perché altrimenti rischia di diventare tutt’altro. Il cuore dell’idea originale è quella di un parco preistorico con dei veri dinosauri. Il quarto film, per evitare la minestra riscaldata, cosa fa? Ripropone l’idea del parco aggiungendo la variante ‘funzionante, con migliaia di visitatori al giorno’, la variante ‘ibrido’ spingendo nel campo monster l’idea del dinosauro, la variante ‘nursery’ (di cui non ho parlato), la variante ‘domesticazione’ (che con un sussulto sarei anche pronto a digerire) e, molto probabilmente, anche la variante ‘intelligenza superiore’ (di cui non parlerò, nonostante sia probabile al 99% nel film), spalmando la storia in una sequenza del tipo: parco -> disastro -> fuga -> lieto fine. Dal 1993 ne abbiamo fatta di strada, eh? In sostanza Jurassic World è un monster movie liberamente ispirato a Jurassic Park del quale riprende la struttura (in tutti i sensi) deformandone i contenuti per meglio adattarli ad una visione futuristica meh. E’ quasi un parallelo tra un film storico sul nazismo e il film ‘Iron Sky’. Quasi, eh.

Quindi, fermandoci qui, qual’è il mio problema con Jurassic World? E’ che ripropone la stessa identica solfa già vista, provando ad aggiungere delle novità che però lo spingono a pisciare fuori dal vaso. Ai miei occhi Jurassic Park è altra roba. Quindi: sono prevenuto? Potevo esserlo quando il progetto venne annunciato, vedendo due possibili risultati (la minestra riscaldata o la snaturazione totale del concept originale), ma oramai, di fronte alle informazioni certe di quello che Jurassic World è, non sono prevenuto, ma rassegnato. Odio questo film o i personaggi che lo hanno realizzato? Assolutamente no: nessuno dei produttori ha minacciato me o la mia famiglia, il successo o l’insuccesso commerciale di questo film mi sono indifferenti. Amo la trilogia così come amo la cultura: Jurassic World non intacca il mio interesse verso la paleontologia, la biologia e le scienze della Terra in generale, non intacca il morale delle mie giornate: non sono un produttore cinematografico, il mio odio lo riservo a cose di ben altro spessore che ad un blockbuster anonimo che nessuno ricorderà di qui a qualche anno. Credo che la gente debba calmarsi un pò, davvero. Sono esagerato/intollerante? Sul primo dei due descrittori non saprei, tutto sta alle aspettative (e perché, poi, aspettarsi il minimo sindacale, che oggi è veramente poco visti gli standard, quando si ha il diritto di aspettarsi qualcosa di veramente valido?), ma sul secondo no, non sono intollerante quando ci sono delle idee interessanti sviluppate nei giusti binari e con lo spirito adatto. Il problema con questo film è che non si è fatto un passo avanti e, se lo si è fatto, lo si è fatto nella direzione sbagliata.

Non andrò al cinema per guardare Jurassic World, a maggior ragione dopo gli ultimi aggiornamenti. Lo guarderò comodamente a casa quando uscirà in home video tra 5-6 mesi o quando sarà, magari tramite prestito.

Non c’è fretta, dopotutto.